“Una serie di sfortunati eventi” recitava il titolo di un film del 2004 in cui si raccontava la storia di tre fratellini vittime di una serie di sfortune inenarrabili. Sorride Marzio Fachin, l’organizzatore in capo del Giro della Valle D’Aosta parlando del film. “Ecco ci si addice proprio – sottolinea -. Una serie di coincidenze poco fortuite che messe assieme ci hanno creato un danno di immagine globale”. Organizzare una corsa a tappe in Italia adesso non è più cosa semplive, servono fondi e tanti, servono una serie di parametri di sicurezza, autorizzazioni, vincoli burocratici, lacci e laccioli che fanno davvero perdere la voglia a chiunque di organizzare. “Sto pensando seriamente di andare al mare il prossimo anno “ conferma Fachin.
Analizzare il Valle d’Aosta dagli errori del primo giorno non è semplice ma Fachin lo fa in assoluta serenità e consapevolezza che tutto si può migliorare. Nulla è perfetto e tutto è perfettibile. “Che dire, lo scorso anno abbiamo avuto una serie di cadute in partenza ma poi superate le problematiche è più o meno filato via liscio tutto. Quest’anno davvero ci si sono messe in mezzo tante componenti non semplici da gestire che abbiamo provato ad ogni chilometro a raddrizzare la corsa”.
Cominciamo dal cronoprologo: “Al via non si è presentato un atleta. La corsa ha preso il via ugualmente. Ma è rimasto il buco di un corridore. I cronometristi hanno preso ugualmente i tempi facendo delle registrazioni diciamo errate. Ne sono usciti dei tempi da record e solo dopo un bel pò, ad accorgersi dell’errore è stata la Cometa di Ivan Basso. E allora rifai ordine d’arrivo conteggi e quant’altro. Ma i cronmetristi non li scegliamo noi. Siamo obbligati ad averli. Volevamo fare una gara magari con i trasponder. In Italia per certi tipi di competizioni ci hanno detto, non sono ammessi. E quindi vai con la prima figura. Che non è dipesa da noi anche perché i giudici, boh, erano li, possibile non si siano accorti di nulla”.
E vai con la seconda: “L’odissea della tappa con il cartello errato? Li ognuno rimpalla le responsabilità. Le staffette dicono i giudici, i giudici dicono le staffette, i corridori non hanno letto i cartelli. E dicono la direzione di gara. Insomma una grande confusione. Alla fine ci hanno rimesso i corridori, la corsa, e tutto il resto. Bastava facessero ripartire ognuno con la propria tempistica. I segnali posizionati male…I frecciatori, quante volte abbiamo ribadito di fare le cose per bene. Effettivamente la direzione di corsa e le motostaffette….tutti devono prestare la massima attenzione”.
Ma le tappe in Svizzera e in Francia? Perché non rimanere in Italia? “I soldi purtroppo sono quelli che fanno la differenza. Le due tappe all’estero ci hanno pagato praticamente il Giro della Valle d’Aosta. In Svizzera hanno voluto testare con noi il circuito dei mondiali a Martigny nel 2020. In Francia ormai è una abitudine”.
Si ma in Svizzera il traffico aperto con i corridori a rischio della vita proprio, senza scorte tecniche senza polizia: “In Svizzera è così. Per gli stranieri abituati a correre all’estero, Francia, Svizzera e tutti i paesi europei trovare il traffico aperto è normale. Quando ci sono le gare è aperto o viene chiuso in maniera temporanea. Solo in Italia c’è il blocco totale e purtroppo da noi c’è sempre più gente che non sopporta il ciclismo. Dobbiamo trovare delle soluzioni”.
Due uomini del personale, in Francia e in Svizzera sono stati presi a pugni: “La gente in quei paesi non sopporta di essere bloccata lungo le strade, hanno perso le staffe”.
Troppa salita per questi ragazzi, in un giorno 4mila metri di dislivello. Avete oggettivamente esagerato, non bastano più gli scalatori: “Il Giro della Valle d’Aosta è così. Purtroppo anche da noi abbiamo problemi con la chiusura delle strade. E a fondo valle ci sono solo due strade, il resto tutta salita. Non abbiamo alternativa se non ci concedono il passaggio a fondo valle”.
Fare tappe più corte e magari meno giorni e cercare di fare tappe più corte con salite meno impervie e più scorrevoli per tutti: “Non è più semplice ma a delle soluzioni differenti si ci dobbiamo pensare. Altro punto invece è quello della non conoscenza dei regolamenti da parte di corridori e direttori sportivi. Nonostante nei comunicati scriviamo sempre a caratteri cubitali quali sono i divieti o le limitazioni o le segnalazioni, i tratti di sterrato, le curve, le deviazioni, nessuno legge. Forse fare una riunione ogni giorno prima della partenza non sarebbe male”.
Ma lo sterrato a 1700 metri in discesa? “Eh, quello era il percorso, lo hanno inserito gli svizzeri. E pensare che nella tappa svizzera abbiamo addirittura tagliato due salite…”
Insomma un Valle d’Aosta che vuole ripartire da fondo valle …almeno qualche corridore italiano potrà emergere, Bagioli a parte.
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