Il segno più di questa settimana va ai tanti appassionati di ciclismo che, nonostante il grande caldo estivo, ogni domenica incontriamo a bordo strada. Sempre presenti con incrollabile passione per assistere ad uno sprint infuocato o ad un emozionante arrivo in salita. E se il tempo fa le bizze loro sono attrezzati con tutto: frighetto con ogni ben di Dio in caso di alte temperature e thermos caldi in caso di maltempo.
Il segno meno va, invece, ai vertici del ciclismo nazionale che sembrano aver fatto del ciclismo creativo la loro missione. Assistere la scorsa settimana ai campionati italiani giovanili su pista, andati in scena al velodromo Francone di San Francesco al Campo (To) è stato un colpo al cuore per gli appassionati di ciclismo.
Titoli tricolori assegnati sulla base di accorpamenti tra gare che ben poco hanno in comune e giovani atleti costretti a gareggiare a ripetizione per poi restare con un pugno di mosche in mano.
A San Francesco al Campo, infatti, esordienti e allievi, in una prima assoluta approvata solo con delibera presidenziale e nemmeno prevista dai regolamenti tecnici federali, hanno corso per il titolo italiano omnium sprint, che sommava i punteggi delle prove di velocità, keirin, 500 metri e 200 metri lanciati e omnium endurance che metteva insieme scratch, tempo race, eliminazione e corsa a punti.
Non restava che mettere in palio il titolo della corsa con i sacchi e di mosca ceca e la farsa sarebbe stata davvero completa.
Se l’obiettivo era risparmiare qualche maglietta tricolore la FCI ci è riuscita in pieno ma di certo non è in questo modo che si promuove e si incentiva l’attività su pista.