Ordine d’arrivo:
1° Francesco Di Felice (General Store)
2° Simon Pellaud (IAM Excelsior)
3° Kevin Colleoni (Biesse Carrera)
4° Clement Champoussin (Chambery Cyclisme)
5° Mattia Bais (Cycling Team Friuli)
6° Paolo Totò (Sangemini Trevigiani)
7° Jan Maas (Leopard)
8° Raffaele Radice (VMP Porto Sant’Elpidio)
9° Markus Wildauer (Tirol KTM)
10° Tobias Bayer (Tirol KTM)
Classifica generale:
1° Clement Champoussin (Chambery Cyclisme)
2° Simon Pellaud (IAM Excelsior) a 48″
3° Mattia Bais (Cycling Team Friuli) a 1’05”
4° Kevin Colleoni (Biesse Carrera) a 1’32”
5° Francesco Di Felice (General Store) a 1’33”
6° Jan Mas (Leopard) a 1’44”
7° Paolo Totò (Sangemini Trevigiani) a 2’13”
8° Raffaele Radice (VPM Porto S. Elpidio) a 3’40”
9° Markus Wildauer (Tirol KTM) a 4’56”
10° Nicolas Prodhomme (Chambery Cyclisme) a 5’02”
Una salita e una tappa, dura, feroce, senza appello. Come lo fu nel 1945 la strage di Porzus, nella quale i partigiani comunisti fecero massacro di 17 partigiani cattolico – socialisti. La salita di Porzus, solo il nome fa tremare il sangue nelle vene, lunga quasi una ventina di chilometri, senza possibilità di respiro, ha fatto letteralmente a pezzi il gruppo nella terza tappa del Giro del Friuli Internazionale a tappe.
Una gruppo lacerato e ridotto davvero a brandelli. Le tre scalate a san Floriano sopra Gorizia, la pioggia, le foglie che cadeva sull’asfalto reso viscido dall’acqua e sul porfido, hanno fatto il resto. La vittoria è andata a Francesco Di Felice della General Store, anche se il vincitore virtuale rimane Mattia Bais del Cycling Team Friuli che ha combattuto allo strenuo, sino ai trecento metri dal traguardo per non essere ripreso e salire per primo sul podio. La prima pioggia quasi autunnale, il primo freddo hanno dilaniato il gruppo che a fine tappa si è ritrovato con almeno un quarto di partenti ritirati.
La Pordenone – Gorizia ha fatto capire chiaramente una cosa. Che si arriva a fine stagione con troppi corridori italiani al gancio, spremuti durante la stagione in garette senza qualità e senza confronto con team stranieri, sia di dilettanti che di continental. Nell’organizzazione del Giro del Friuli anche qualche organizzatore da fuori regione a dare una mano nello staff tecnico che guardando i passaggi a Gorizia e i distacchi da oltre venti minuti in una tappa di 180 chilometri, per carità, devastata da pioggia, vento, freddo, scuoteva la testa sconsolato: “Metà atleti in corsa dovrebbero ovvero cambiare mestiere. Il ciclismo che conoscevo io non è più questo. Ragazzi che si staccano dopo pochi chilometri, che non hanno grinta, che non sono disposti a soffrire. Poi ci ritroviamo, come direzione di corsa, a dover gestire distacchi a bissali con le conseguenze sulla strada, di strade bloccate, di traffico in tilt. Non è possibile andare avanti così. Dobbiamo fare tutti una riflessione sul ciclismo che vogliamo”.
Nella pancia del gruppo si rumoreggia. Per tanti una tappa dura, che ha letteralmente fatto saltare tanti corridori. Ma per chi vuole fare il corridore, pioggia, porfido bagnato, sole o freddo non devono fare la differenza. Certo, la sicurezza prima di tutto, ma la sicurezza la fanno anche i corridori in corsa, quelli che si intruppano sotto l’arrivo, tutti insieme, nella curva a gomito e sbadabam, cadono tutti come pere cotte. Con la conseguenza che si blocca la macchina della giuria e tutte le ammiraglie in coda. E la macchina apripista va a prendere l’auto che chiude la gara…
E c’è chi parla di discese pericolose ma grazie ai freni a disco tutta la squadra si è salvata dalle cadute: “Devo davvero ringraziare i freni a disco oggi – racconta Samuele Rivi della Tirol Cycling Team -. I miei compagni, a partire da Gamper, hanno lanciato la prima fuga e poi sul Porzus abbiamo fatto la differenza. In discesa abbiamo creato il vuoto. I freni a disco ci hanno salvati. Mentre molti avversari cadevano come le foglie dagli alberi, scivolando sull’asfalto e grattandosi tutti, noi abbiamo portato a termine un’ottima tappa”…Questione di punti di vista.
[banner]G-andrea[/banner]