La scorsa settimana il Consiglio Federale ha approvato la norma che dovrebbe consentire alle formazioni juniores nel 2020 di tesserare un atleta straniero: a darne comunicazione è stata la stessa FCI con un comunicato stampa ufficiale e poi ci hanno pensato i dirigenti federali a far passare la notizia con il più classico passaparola nei confronti delle società.
Una settimana fa. Eppure gli uffici federali sembrano non saperne nulla e nemmeno sul sito ufficiale della FCI, alla voce regolamenti, di questa nuova norma (adottata già in ampio ritardo) non vi è traccia. Abbiamo provato allora a disturbare gli uffici federali di Roma ma la risposta è stata disarmante: “Noi al momento non abbiamo ancora avuto comunicazione di questa norma. Per noi, al momento, non si possono tesserare stranieri juniores”.
Un ritardo nella comunicazione interna alla Federciclismo che sicuramente sarà colmato nei prossimi giorni ma che rende plasticamente il ritardo cronico con cui viaggia ormai da diversi anni il ciclismo italiano.
A sottolinearlo sono le parole di Enrico Mantovanelli, presidente della Autozai Contri Omap che esattamente un anno fa aveva fatto esplodere il caso del tedesco Marco Brenner, rifiutato al via di due gare internazionali di ciclocross perchè tesserato in Germania con il team scaligero. “Nel leggere della notizia del cambiamento di rotta della FCI c’è un mix di sensazioni. Di certo è una vittoria in una battaglia che noi, insieme a tanti altri, abbiamo condotto in prima linea. Dall’altra si tratta di una decisione che arriva troppo tardi. Lo avevamo già detto in tempi non sospetti che per noi questa era una questione di crescita dell’intero mondo ciclistico giovanile italiano e che non si trattava solo di tesserare in quel momento il tedesco Brenner: era ora che anche la FCI si adeguasse ai tempi e ad una Europa in cui da decenni ormai c’è la libera circolazione di merci, persone e servizi” risponde secco Mantovanelli.
Una FCI che procede al rallentatore, la stessa che ad una settimana di distanza da una decisione così importante e radicale assunta dal Consiglio Federale non ha ancora informato i propri uffici delle procedure da seguire e delle indicazioni da trasmettere ai team interessati: una Federazione così, che proprio oggi compie 134 anni di attività, non può certo essere considerata un traino per il movimento ciclistico italiano.
“Credo che anche questa Federazione sia lo specchio di un Paese vecchio, comandato da vecchi dirigenti che guardano solo al passato e non hanno nè la capacità nè la volontà di pensare ad un futuro diverso. Abbiamo dovuto aspettare il 2020, e qualcuno ancora durante il Consiglio Federale aveva chiesto di posticipare al 2021, per ammettere degli stranieri nelle squadre italiane quando avrebbe dovuto essere una cosa normale e un modo per far crescere meglio i nostri giovani. Ora abbiamo fatto questo piccolo passo in avanti e sembra che si tratti di una rivoluzione copernicana e, invece, ci sono tanti altri passi da fare se vogliamo riportare al vertice mondiale il nostro ciclismo” conclude Mantovanelli che, intanto, ha dovuto rinunciare alla soddisfazione di vedere un atleta del calibro di Marco Brenner vestire i colori della sua società.
E, a proposito di passi da fare in avanti, il ciclismo italiano si appresta ad affrontare un intero anno di lunga ed intensa campagna elettorale nel corso della quale temi come questo saranno senza dubbio al centro del confronto con le società di base.