Il suo terreno sono le lunghe salite e lo ha dimostrato l’anno scorso giungendo terzo alla Bassano – Monte Grappa, gara per scalatori di razza, ottenendo anche un buon sesto posto e una ottava posizione rispettivamente nella classifica generale della Eroica – Toscana terra di ciclismo – e nel duro Giro della Valle d’Aosta. L’azzurro Alessandro Monaco, classe 1998 di Grottaglie (TA), affronta il suo terzo anno tra gli under 23 con il team Casillo Maserati diretto da Matteo Provini con la supervisione del Centro Mapei Sport, e Omar Piscina e Giulio Maserati.
Convocato con la nazionale italiana in occasione del Tour of the Alps, gara professionistica, e dei Campionati del Mondo di Innsbruck 2018 under 23, racconta della sua esperienza nella massima categoria, il suo punto di vista sulla questione doping e della volontà del Sud del nostro paese nell’investire nell’attività giovanile.
L’anno scorso una stagione di alti e bassi, e insicurezze. Le cause di tutto questo e insicurezze di che tipo?
“Sicuramente, soprattutto nella prima parte di stagione, più bassi che alti. Le cause me le chiedo anche io tutt’oggi, ho commesso degli errori come ad esempio allenarmi troppo ed a volte male, forse in alcuni momenti mi sono mancati gli stimoli e la voglia di eccellere. Insicurezze nel senso di non avere molte volte fiducia in me stesso, commettendo a volte scelte sbagliate”.
Senti di essere già migliorato rispetto alla passata stagione?
“Fino ad ora ho fatto poche gare non adatte alle mie cartteristiche quindi non azzardo un commento. Le sensazioni sono buone e con il ds Provini ed il Centro Mapei abbiamo lavorato bene e con precisione in inverno, quindi mi aspetto sicuramente un miglioramento”.
Possiamo considerarti come un corridore da salite, su che tipo di salite riesci a fare di più la differenza?
“Si, mi difendo in montagna e nelle corse a tappe impregnative. Prediligo le salite regolari e abbastanza lunghe quindi dai 3-4 chilometri in su”.
La prima impressione che hai avuto al Tour of the Alps dell’anno scorso con i professionisti?
“Un’esperienza bellissima. Prima impressione? Il grande gap che bisogna affrontare diventando professionisti, mi è servito per capire quanto ancora c’è da lavorare ed a misurarmi in giornate davvero impegnative causa il dislivello ed il ritmo elevato”.
Ritornando invece ai Campionati del Mondo di Innsbruck 2018, che considerazioni hai tratto dal risultato complessivo della nazionale?
“Gareggiando con avversari che disputavano gran parte del calendario stagionale in gare professionistiche di gran livello non potevamo aspettarci tantissimo, forse una top ten sarebbe stato un gran bel risultato. Non possiamo assolutamente recriminarci nulla, la nazionale ed il CT ci hanno dato la possibilità di lavorare bene in montagna e disputare qualche gara con i professionisti e noi atleti abbiamo dato il massimo per onorare la maglia azzurra”.
Sei pugliese, di Grottaglie, quanto si investe nel Sud del nostro paese nel ciclismo?
“Si, sono di Grottaglie, devo dire che da più di qualche anno il movimento sta crescendo tanto. Quando ero juniores ho corso per una squadra pugliese e abbiamo svolto un calendario importante in tutta Italia se pur facendo mille sacrifici per una questione logistica. Proprio a Grottaglie è nata una scuola di ciclismo che sta prendendo piede sempre più il che mi rende davvero felice. Ne approfitto e ci tengo a precisare che non è vero che al Sud non si vuole intraprendere l’attività giovanile, ma bisogna considerare un fattore molto importante ovvero la questione logistica. Ad esempio per una semplice squadra di allievi la prima gara vicina è minimo in Abruzzo o Lazio, il che significa minimo 400 chilometri all’andata ed altri 400 chilometri al ritorno per non parlare delle spese di viaggio e pernotto, quindi a causa di questo diventa molto difficile fisicamente, ci vuole il triplo del tempo di una squadra del nord per raggiungere il campo gara ed occorre un budget elevato per tutte le spese da affrontare”.
Sei anche uno studente in giurisprudenza, stai dando delle priorità tra bicicletta e studio?
“Si studio giurisprudenza all’università di Urbino, la mia priorità è il ciclismo anche se fra una gara ed un’altra gara cerco di dedicarmi allo studio”
Secondo te gli attuali controlli antidoping, il passaporto biologico e le eventuali squalifiche in caso di positività costituiscono efficaci deterrenti per sconfiggere l’assunzione di sostanze proibite?
“Certamente si, il ciclismo se non lo è già sta diventando lo sport più controllato quindi è impensabile fare uso di sostanze dopanti”.
Non pensi che anche se dovesse funzionare il sistema antidoping, quest’ultimo rimanga sempre indietro rispetto al doping?
“Non credo, basti pensare che i professionisti devono comunicare qualsiasi movimento 24 ore su 24, come se fossero ai domiciliari, quindi il sistema antidoping è molto efficiente il che non permette assolutamente di rimanere indietro rispetto al doping”.
E cosa pensi del doping nel settore giovanile, dove forse il problema è ancora più grave?
“Sinceramente è un argomento molto delicato soprattutto in questo ultimo periodo. La cosa che piu’ mi viene in mente è che è davvero banale fare uso di sostanze dopanti da giovane per il semplice fatto che una volta passato professionista non duri neanche due mesi, visto che sei super controllato come è giusto che sia. Quindi mi chiedo a cosa serve fare dei super risultati da giovane con l’aiuto del doping se poi una volta passato professionista rimbalzi per forza di cose?”
Per questa stagione quali obiettivi ti poni?
“Il mio obiettivo più grande è essere soddisfatto al 100% aldilà del risultato numerico e soprattutto ricambiare la fiducia di Provini, Piscina e Maserati regalando loro grandi soddisfazioni”.